Una campionessa controcorrente

Nel 2023, Vittoria Bussi è diventata la prima donna a superare la barriera dei 50 chilometri nel Record dell’Ora, ottenendo un risultato straordinario nonostante il suo rapporto ambivalente con il ciclismo. Rouleur è andato a incontrare questa ciclista unica.

Autore: Herby Sykes Immagini: James Startt

Articolo tratto da Rouleur Italia 22 - Orizzonti - disponibile per acquisto singola copia qui

“Ieri ho pedalato per cinque ore. È stato noioso e scomodo, e avrei potuto morire o ferirmi gravemente. L’ho detestato, e proprio questo è il punto. Non lo faccio per raggiungere uno stato di forma perfetta — non succederà mai. Non lo faccio nemmeno perché mi piace. Il ciclismo non mi dà alcun piacere, ed è proprio per questo che continuo a farlo”.

Rouleur si trova sulle Alpi italiane con la donna più veloce del mondo. Lo scorso autunno, Vittoria Bussi è partita per Aguascalientes, città situata a 500 chilometri a nord di Città del Messico e a poco meno di due chilometri sul livello del mare. Lì, non solo ha battuto il record dell’Ora per la seconda volta, ma è diventata la prima donna a superare la soglia dei 50 chilometri, registrando 50,267 km. Questo risultato è straordinario sotto qualsiasi parametro, e ancora di più considerando le circostanze.

Archetipo dell’anticonformista nel ciclismo, Bussi ha raggiunto questo traguardo senza il supporto finanziario di una squadra professionistica, senza il know-how tecnico di un grande marchio di biciclette e nemmeno con il sostegno della Federazione nazionale. Gran parte dei suoi allenamenti si sono svolti in un velodromo scoperto, vecchio di 100 anni, eppure è riuscita a superare il precedente record di Ellen van Dijk di oltre un chilometro. Inoltre, ha iniziato a pedalare solo verso i 25 anni e dichiara di non avere particolare interesse per il ciclismo, il che rende la sua storia quasi incredibile. Vittoria Bussi si dimostra dunque una ciclista unica sotto tutti i punti di vista.

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Nel 2010, una ventitreenne laureata in matematica lasciò Roma per l’Inghilterra, accet- tata per un dottorato di ricerca all’Università di Oxford. Vittoria Bussi e il suo compagno, Rocco, iniziarono una nuova vita in Inghilterra: lei si dedicò al mondo accademico, mentre lui intraprese una carriera nel set- tore dei servizi dell’Inghilterra meridionale.

L’anno successivo, Bussi prenotò un volo di ritorno per le vacanze di Pasqua per stare vicino alle persone a lei care. Tuttavia, mentre era in Italia, suo padre ebbe un’emorragia cerebrale. Questo evento si rivelò cruciale per la sua vita, segnando l’inizio di un anno estremamente difficile e stressante. Divisa tra Oxford e Roma, si immerse nei suoi studi come una sorta di valvola di sfogo, trovando nei libri una forma di consolazione. Valter Bussi, il padre, desiderava ardentemente che la figlia completasse il dottorato, e paradossalmente lo studio la aiutava ad elaborare il trauma. Nonostante fosse consapevole dell’inevitabilità della sua scomparsa, la morte di Valter nel 2012 si rivelò per lei più difficile di quanto avesse immaginato.

“È stato il mio primo approccio con la morte, e ho faticato enormemente per superarlo”, racconta. “Non ero affatto preparata e mi sembrava una gigantesca ingiustizia. Ero in lutto, e questo si trasformò in una forma di depressione. Nulla sembrava funzionare davvero, e stavo diventando sempre più arrabbiata con il mondo. Non stavo bene né fisicamente né emotivamente, e a un certo punto, Rocco mi suggerì: ‘Perché non ricominci a fare sport?’. Pensava che potesse aiutarmi a elaborare la perdita di mio padre o, quanto meno, a distrarmi e a concentrarmi su qualcos’altro per un po’”.

Bussi aveva un passato sportivo come mezzofondista, ma aveva smesso prima di trasferirsi in Gran Bretagna. Tuttavia, il lutto, la pressione post-laurea e uno stile di vita sedentario la stavano rendendo letargica e scoraggiata. Questo periodo coincise con l’epoca d’oro del ciclismo britannico: Bradley Wiggins aveva aveva appena conquistato sia il Tour che le Olimpiadi, e i fratelli Brownlee avevano vinto rispettivamente oro e bronzo nel triathlon. Il ciclismo era ovunque. A casa di Bussi c’era una vecchia Raleigh. Decise di iscriversi a un duathlon — niente triathlon perché era inverno — sperando che il suo passato come mezzofondista potesse compensare il tempo trascorso lontano dalle competizioni. In realtà, la situazione non era così semplice, ma una volta salita in bici riuscì ad andare più veloce delle altre. Anche se non recuperò tutto il terreno perso nella corsa, riuscì a superare la maggior parte delle altre avversarie 

“Ho riscoperto la sensazione della competizione, ma poi, quando ho iniziato il triathlon, ho scoperto di non avere speranze nel nuoto”, racconta. “Ho anche capito che allenarsi per tre discipline non era compatibile con la vita accademica. Non c’era modo di farlo e lavorare seriamente sulla mia tesi, e con la migliore volontà del mondo non sarei mai stata brava a nuotare. Così iniziai a partecipare ai criterium e feci molto bene. Passai dalla quarta categoria alla prima abbastanza rapidamente, quindi evidentemente ero competitiva nel ciclismo”.

All’epoca, Flavio Zappi, ex professionista e talent scout, viveva a Oxford. Incoraggiò Bussi a concentrare le sue energie sul ciclismo e la mise in contatto con Brunello Fanini, che gestiva una squadra professionistica femminile con risorse limitate a Lucca e stava cercando nuove atlete per il 2014. La tesi di laurea di Bussi era quasi completa, ma si trovava di fronte a una decisione cruciale. “Mio padre aveva lavorato duramente per tutta la vita con la speranza di realizzare un giorno i suoi sogni”, racconta Bussi. “Purtroppo, non ebbe mai l’opportunità di farlo. Era sempre impegnato nel lavoro e poi accadde quella terribile cosa. Avevo il mio dottorato, e la scelta più sensata sarebbe stata trovare un lavoro e iniziare a costruire una carriera. Tuttavia, la scomparsa di mio padre mi ha insegnato che non ha senso aspettare. È meglio fare ciò che si desidera quando si può, e io avevo l’opportunità di cimentarmi nello sport. Volevo scoprire se ero capace di farlo”. Così, Bussi chiese a Rocco di trasferirsi nuovamente, questa volta in Toscana, nella speranza di affer- marsi come ciclista professionista.

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Autore: Herby Sykes Immagini: James Startt

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