Tour de France 2023 | PREPARATE BIRRA E NOCCIOLINE

Tour de France 2023 | PREPARATE BIRRA E NOCCIOLINE

Autore: Emilio Previtali

Il Tour de France è un animale multiforme e complesso in continua evoluzione. Ogni edizione è lo specchio di un’epoca. Ingenuamente e teneramente alle sue origini la competizione si portava dietro l’idea che partenza e arrivo dovessero essere coincidenti e che il tracciato di gara dovesse contornare il più possibile i confini del paese. Tour è una parola francese che significa giro e la parola giro porta con se il concetto di circolarità e di ritorno.

I Tour de France di un secolo fa erano una vera sfida alla geografia dei luoghi, lo sforzo principale degli organizzatori ogni anno era quello di scovare strade e stradine inesplorate che bordeggiassero il più possibile i confini nazionali. Se provate a guardare le carte del percorso del Tour degli anni ’20 resterete impressionati dalla traccia che ricalca quasi alla perfezione la forma esagonale del paese. 

La lunghezza totale della corsa era diversa da quella di oggi e superava spesso i cinquemila chilometri complessivi, un’enormità. Anche le tappe, com’è facile intuire, erano diverse e avevano lunghezze che oggi ci paiono impensabili e assurde per una competizione sportiva. La lunghezza media delle varie frazioni superava tranquillamente i 300 chilometri fino a spingersi frequentemente oltre i 400. Il concetto di viaggio e di passaggio da una città all’altra in quelle edizioni restava al centro della idea della competizione. Oggi al centro della narrazione, invece, troviamo lo spettacolo agonistico e televisivo. Con il passare del tempo, nei decenni, la corsa ha cominciato sempre di più ad allontanarsi dalla necessità fisica di toccare tutti i dipartimenti e le regioni del paese, e ha preso forma nella mente degli organizzatori e in quella degli spettatori l’idea che il Tour de France più che un percorso, è un modo di raccontare una storia. 

Il 1952 è un anno di svolta per il Tour de France: nascono gli arrivi in salita, che prima non esistevano. In quell’edizione ce ne saranno tre: Alpe d’Huez, Sestriere e Puy de Dôme, quest’ultima è la montagna su cui i corridori saranno impegnati domani, domenica. È proprio al Puy de Dôme, dove la corsa culminerà con un arrivo in salita fino in cima a un ex-vulcano, che inizia la relazione del Tour de France con la spettacolarizzazione della fatica. È sul Puy de Dôme che si è costruita la leggenda del Tour e delle salite epiche, grazie anche alla vittoria di Fausto Coppi che in quel primo anno di grandi novità conquistò tutte e tre le scalate. 

Oggi gli arrivi in salita rappresentano probabilmente la forma più spettacolare di competizione nelle gare a tappe, lo abbiamo visto anche nei giorni scorsi. È nelle giornate in cui è previsto l’arrivo in salita che le corse diventano entusiasmanti e si decidono solitamente i grandi giri. È lì che si sublima la fatica e i corridori che aspirano alla vittoria finale si ritrovano soli a duellare con i propri avversari. Su un ripido arrivo in salita, nessun corridore si può nascondere. Sono le tappe come quella sul Puy de Dôme che vedremo domani, che restano impresse nella memoria dei tifosi. 

Christian Prudhomme, il Direttore Generale del Tour de France, forse un po’ esagerando, ha definito la tappa del 1964 che vide battagliare Jacques Anquetil e Raymond Pulidor (il nonno di Mathieu van der Poel) come una delle immagini più iconiche della storia dello sport. Ha paragonato quel duello ciclistico a Cassyus Clay che batte Sonny Linston nel 1965, alla finale dei campionati mondiali di calcio tra Italia e Brasile del 1970, Senna e Prost che si danno battaglia nel Grand Premio del Giappone nel 1989 e Usain Bolt che trionfa con le braccia al cielo nei 100m delle Olimpiadi di Pechino.

Ci aspettiamo molto dal Puy de Dôme in questo Tour de France. La salita verrà affrontata da Clermont Ferrand e arriva al termine di un tracciato nervoso e complesso che lascia aperto le possibilità a varie soluzioni sia per gli uomini di classifica, sia per gli avventurieri di giornata. La battaglia durerà un totale di 13,3 chilometri ma saranno gli ultimi 4 in cui non c’è nemmeno una curva, una sorta di test FTP collettivo, quelli decisivi. In quell’ultimo tratto, a cui gli spettatori non potranno accedere a causa di un divieto (il Puy de Dôme si trova all’interno di un parco e di ecosistema delicato) i corridori si troveranno gomito a gomito su una striscia di asfalto larga tre metri e ad accompagnarli sarà soltanto il silenzio, il rumore del loro respiro e delle ruote che rotolano sull’asfalto rugoso .

Tutti speriamo in una tappa di quelle indimenticabili, con una battaglia vera e senza esclusione di colpi. Preparatevi la postazione sul divano davanti alla TV e fate in modo, domenica pomeriggio di non farvi disturbare da nessuno: birra, noccioline e rutto libero. Ci aspettiamo molto dal Puy de Dôme e che i corridori se le suonino di santa ragione. Sportivamente, s’intende. 

Tour de France, non ci deludere.

Autore: Emilio Previtali

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