Mentre le rivalità passate nella storia del Tour de France erano caratterizzate da veleno e acrimonia tra gli avversari nel breve periodo, o ispirato divisioni più appassionate tra i tifosi, quella tra Pogačar e Vingegaard è caratterizzata da una certa longevità. Per quanto celebri, le contese tra Fausto Coppi e Gino Bartali, Jacques Anquetil e Raymond Poulidor, o Lance Armstrong e Jan Ullrich sono state di breve durata o si sono accese solo occasionalmente. L'anno scorso, invece, Pogačar e Vingegaard sono entrati nella storia diventando i primi due corridori a occupare i primi due posti in classifica generale per tre Tour consecutivi; e l'andamento di questa edizione fa pensare che possano prolungare questo record di un altro anno.
Finora, Pogačar è in vantaggio. Indossa la maglia gialla e arriva alla seconda settimana con un margine di 1 minuto e 15 secondi sul suo rivale danese, gran parte del quale è stato guadagnato sulla salita e discesa del Galibier, con il resto recuperato nella cronometro. Inoltre, come di consueto, è stato il più aggressivo dei due, attaccando sulla salita del San Luca nella seconda tappa, sul Galibier nella quarta tappa e ripetutamente sullo sterrato durante la nona tappa.
Tuttavia, mentre in passato questi attacchi costanti potevano sembrare un'esuberanza eccessiva che lo lasciava affaticato nelle fasi successive della corsa, questa volta c'è una logica precisa nel suo approccio. Con la consapevolezza che Vingegaard tende a migliorare con il progredire della gara, costruendo forma e resistenza, Pogačar sa di dover approfittare delle sue opportunità finché il terreno gli è favorevole. Le colline frastagliate delle tappe iniziali e le strade sterrate della nona tappa si adattano alle sue caratteristiche, rendendo imperativo colpire in anticipo.
Finora Vingegaard si è mantenuto sulla difensiva, restando incollato alla ruota del suo rivale e seguendo attentamente ogni sua mossa. Sebbene la sua strategia ricordi quella adottata nel Tour dell'anno scorso, quando ogni tanto contrattaccava durante la battaglia per pochi secondi, quest'anno la prima settimana è trascorsa senza che lui sferrasse un solo attacco. Ha preferito osservare e rispondere piuttosto che prendere l'iniziativa, lasciando che fosse Pogačar a guidare l'azione.
Il campione in carica è stato criticato per le sue tattiche conservative, ma, come per l'aggressività di Pogačar, la sua logica è difficile da contestare. Per Vingegaard, la settimana iniziale è stata una questione di sopravvivenza, finalizzata a mettersi in condizione di attaccare e cercare di conquistare la maglia gialla più avanti nella corsa, quando si spera che la sua forma migliori e che il terreno diventi più favorevole. Sebbene i commenti di Remco Evenepoel sulla sua mancanza di "palle per correre" durante la nona tappa abbiano suscitato discussioni, sono stati ingiusti. Vingegaard ha dimostrato un'eccezionale determinazione solo per essere al Tour dopo la gravità degli infortuni subiti prima della gara, oltre a un grande coraggio nel continuare a spingere in discesa, considerando che è proprio in discesa che ha subito gli infortuni.
E se il suo rifiuto di lavorare con Evenepoel e Pogačar è stato netto sul gravel durante la nona tappa, per certi versi si è trattato di una mossa più positiva che negativa: Vingegaard non era interessato a lavorare con i suoi principali rivali, anche se ciò significava contribuire a consolidare il proprio posto tra i primi tre della classifica generale. Queste sono le tattiche di un uomo che ha come unico obiettivo la maglia gialla, e non un semplice podio.
Sebbene Vingegaard si trovi attualmente al terzo posto in classifica generale a 1'15" dal leader, prima o poi dovrà uscire dal suo guscio e attaccare se vuole vincere questo Tour de France. La domanda è: quando? La seconda settimana gli offre sicuramente l'opportunità di farlo. La tappa 11, che attraversa il Massiccio Centrale, presenta un numero sufficiente di salite da poter essere considerata una giornata decisiva per la classifica generale, ma potrebbe essere troppo presto per un attacco decisivo. Le salite sono particolarmente dure e potrebbero non favorire le caratteristiche di Vingegaard.
Tre giorni dopo, possiamo sicuramente aspettarci una sua mossa. La corsa entra nei Pirenei, lo stesso terreno dove l'anno scorso ha conquistato per la prima volta la maglia gialla. Le tappe del fine settimana prevedono due arrivi in vetta: Pla d'Adet e Plateau de Beille. Entrambe le tappe offrono salite lunghe e impegnative, in cui Vingegaard eccelle, senza le discese verso il traguardo che gli hanno causato problemi nella quarta tappa. Queste tappe rappresentano l'opportunità per cui si è risparmiato e la sua migliore occasione per guadagnare tempo.
Pogačar sarà pronto. È evidente che Vingegaard è l'unico uomo che teme davvero, e le sue corse irrequiete durante la prima settimana sono state un po’ il risultato dell'ansia di colpire Vingegaard mentre è in difficoltà e un po’ parte del suo istinto aggressivo. Tuttavia, il suo vantaggio, se e quando Vingegaard lo attaccherà sui Pirenei, sarà nell’avere a dispozione una super squadra. A differenza degli ultimi due Tour, in cui il danese ha potuto contare su una squadra composta da Sepp Kuss, Wout van Aert e altri scalatori di qualità pronti a sostenerlo quando lo sloveno sembrava debole, quest'anno è l'UAE Team Emirates a essere più forte. Se Pogačar dovesse trovarsi in difficoltà su uno degli arrivi in vetta, potrà contare su corridori del calibro di João Almeida, Juan Ayuso e Adam Yates per limitare le perdite.
Si è parlato molto del fatto che Vingegaard probabilmente migliorerà con il progredire della corsa, mentre Pogačar potrebbe rallentare a causa della stanchezza accumulata durante il Giro. La seconda settimana del Tour ci dirà quanto siano fondate queste previsioni. Oltre alla
loro intensa rivalità, la lotta per la maglia gialla resta aperta grazie alle ambizioni di Remco Evenepoel (Soudal-QuickStep) e Primož Roglič (Red Bull-Bora-Hansgrohe). La settimana si preannuncia emozionante con altre volate di gruppo, la battaglia tra Biniam Girmay (Intermarché-Wanty) e Jasper Philipsen (Alpecin-Deceuninck), e molti cacciatori di tappe di qualità pronti a cercare la gloria nelle fughe.