Quando le hai di fronte a te e le vedi, tutto si ferma. Le Tre Cime di Lavaredo sono magnifiche, senza ombra di dubbio uno dei massicci più iconici e spettacolari delle Dolomiti e dell’intero arco alpino. Non si tratta solo di tre giganti di roccia strapiombante che sfiorano i 3000 metri di quota (la Cima Grande è la più alta delle tre e misura 2999 m) ma più in generale di un luogo dove sono state scritte importanti pagine di storia dell’alpinismo e del ciclismo, due attività che hanno in comune la sfida alla gravità e quell’alone di leggenda che avvolge le grandi imprese.
Il Giro d’Italia ha fatto tappa qui, con il traguardo al Rifugio Auronzo alla base delle Tre Cime, per ben 7 volte. La salita, che è senza sbocco e che quindi impone sempre ai corridori un duello finale, viene avvicinata partendo dalle sponde del Lago di Misurina con un primo tratto di un chilometro circa che ha una pendenza media superiore al 10% e punte al 18%. Arrivati al Lago di Antorno la strada concede respiro per un paio di chilometri prima di raddrizzarsi nuovamente a Malga Rin Bianco per gli ultimi, durissimi, quattro km. Questo tratto finale, il più spettacolare anche dal punto di vista dell’ambiente con grandi massi di dolomia entro cui la strada si infila, ha una pendenza costante del 12% ed è una specie di test di potenza massimale che annulla qualsiasi tattica o gioco della scie.
Ieri ad arrivare per primo sul traguardo è stato il colombiano Santiago Buitrago della Bahrain Victorious che con i suoi 59 kg di peso e l’abitudine alle salite in aria rarefatta, ha fatto valere la legge del più leggero. Secondo a 51” il tostissimo canadese Derek Gee della Israel - Premier Tech, al suo quarto secondo posto in questo 106esimo Giro d’Italia. “Ho fatto l’abbonamento al secondo posto, ma soprattutto ho fatto l’abbonamento alle fughe, entro cui finisce sempre che mi ritrovo”, ha tentato di ironizzare al termine della gara. “Non sono uno sprinter e non sono uno scalatore, ma il risultato di tutte queste fughe è che sono 2° nella classifica per la Maglia Ciclamino, e 2° in quella per la Maglia Azzurra per il miglior scalatore”. Derek Gee con i suoi 76 kg di peso non è esattamente un peso piuma, vederlo secondo anche in una tappa così dura con oltre 5000 metri di dislivello fa capire che quando c’è un profondo desiderio di vittoria, tutto è possibile.
Sul fronte classifica general ieri è andata in scena grossomodo lo stesso schema di gara che avevamo visto nella 18esima tappa, con Primož Roglič a fare il forcing e Geraint Thomas impegnato a non concedere secondi. Alla fine a separare i due soltanto 3” per un fulmineo allungo di Roglič cinquanta metri prima del traguardo. João Almeida ha accumulato altri 24” di distacco e ora i secondi di ritardo sulla vetta della classifica sono diventati 59”. Non esattamente pochi da recuperare in una sola tappa, da correre per giunta contro il tempo.
Siamo all’epilogo finale. Inconsciamente forse tutti sapevamo già che questo Giro d’Italia si sarebbe risolto con la cronoscalata finale del Monte Lussari, che ha un po’ tenuto in ostaggio la voglia di attaccare e lo spettacolo. Le forze in campo tra i corridori di classifica si equivalgono ma soprattutto è il loro atteggiamento in corsa, sempre piuttosto cauto e calcolato, privo di spregiudicatezza e attitudine ad attaccare frontalmente gli avversari, a rendere la corsa così equilibrata.
Chi saprà gestire meglio le proprie forze oggi, senza potersi nascondere o fare aiutare dai compagni, sarà il corridore che indosserà la Maglia Rosa a Roma. Primož Roglič ha conquistato tre volte la Vuelta a España e un titolo olimpico a cronometro. Geraint Thomas ha vinto un Tour del France e una medaglia d’oro alle olimpiadi nell’inseguimento in pista.
C’è da aspettarsi che entrambi sappiano gestirsi alla perfezione contro il cronometro e fare bene i propri calcoli. João Almeida sembra un po’ troppo, distante, ma chi lo sa. Forza ragazzi, un ultimo sforzo e che vinca il migliore.
Autore: Emilio Previtali
Giro 2023
Immagini: RCS Sport