Tra qualche minuto mi verranno a prendere, suoneranno al campanello e dovrò andare. I bagagli sono preparati sul pavimento vicino alla porta, anche la bicicletta è pronta, pulita e lubrificata. Eseguo ultimo controllo alla posta elettronica e poi metto via il computer. Prima di chiuderlo, un ultimo sguardo allo screensaver su cui c’è una foto di me con mio padre. Siamo a Roma, in bicicletta. Piazza S.Pietro, agosto 1982. Io a quell’epoca avevo tredici anni e insieme a mio papà stavamo vivendo un’avventura ciclistica lunga 1400km, la passione per la bicicletta è lui che me l’ha trasmessa. Faccio appena in tempo a scaricare le fotografie dallo screensaver dentro al mio smartphone e suonano al campanello. Prendo borse e bicicletta e vado.
L’autostrada che mi porta verso Firenze scorre via veloce, il Giro d’Italia è appena cominciato e seguo la telecronaca della tappa alla radio, un classico del mezzo pomeriggio italiano. Poi appena conclusa la corsa, dopo un paio di interviste ai corridori riprendo ad ascoltare musica e resto in silenzio mentre il paesaggio dell’Appennino scorre fuori dal finestrino.
Ho voglia di pedalare su strade che non conosco. Penso che quest’anno, a causa della pandemia, non ho quasi mai viaggiato. Per un anno intero non sono mai andato all’estero ed è da quando ero bambino, che non mi capitava. Devo ammettere che non mi è dispiaciuto completamente, la geografia ha ripreso ad avere una dimensione sensata e comprensibile, più umana. Quest’anno mi sono mosso soltanto in Italia, facendo viaggi che continuavo a rimandare da anni. Come questo che sta per cominciare, ad esempio. Quello che inizierà domani da Firenze è una di quelle avventure rimandate fin troppo a lungo. Io e due compagni andremo pedalando su strade sterrate e bianche fino a Roma lungo la via Francigena, una antica via di pellegrinaggio. Non vedo l’ora. L’iperconnessione, le conference calls, il lock-down, la paura del contagio, le incertezze di questi mesi mi hanno esaurito.
La sera a Firenze mi incontro con Matteo e Andrea, le guide di RollingDreamer con cui pedalerò. Andiamo a mangiare in un ristorante della città. Ridiamo e scherziamo e pianifichiamo i dettagli del viaggio, tutto è organizzato alla perfezione in realtà, non c’è che pedalare. La cena e il Brunello di Montalcino che beviamo non sono esattamente consumati in dosi da atleti, ma nessuno di noi sembra preoccupato della dieta e nemmeno del chilometraggio dei prossimi giorni. In quattro tappe dovremo affrontare 8500 metri di dislivello e percorrere 406 kilometri, il 60% dei quali sterrati.
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ANDIAMO - La partenza ce la siamo lasciata alle spalle da qualche ora e adesso pedaliamo da qualche parte sulle colline del Chianti, un po’ distanziati tra noi. È bello pedalare in compagnia ed è anche bello restare immersi nei propri pensieri, per conto proprio. I primi chilometri e il primo giorno di viaggi come questo hanno esattamente lo scopo di entrare nel ritmo, di resettare la velocità dei pensieri. Sulle strade asfaltate per uscire dalla città di Firenze il traffico è molto quieto e poi appena fuori, già dalle prime colline, esiste sempre la possibilità di scegliere qualche variante sterrata, sempre pedalabile e divertente, mai eccessivamente ripida o sconnessa.
Matteo e Andrea hanno sviluppato negli anni una traccia GPS molto dettagliata che aggiornata continuamente ad ogni passaggio. Io mi limito a seguirli o anticiparli di qualche metro, non faccio nemmeno lo sforzo di guardarla, la traccia. Pedalo puntando verso sud. Il paesaggio è bellissimo, tra vigneti, antichi borghi e piante di cipresso. Il cielo è coperto e a tratti piove, ma si pedala sempre bene. Le strade bianche non sono mai eccessivamente fangose, lo speciale manto con cui sono costruite drena bene e lascia la superficie scorrevole e piacevole da pedalare. Ci portiamo avanti parecchio nella mattinata pedalando fino al primo pomeriggio senza interruzioni e senza fermarci a mangiare. La colazione al Ponte Vecchio a Firenze, al Caffè dell’Oro, è stata talmente abbondante e golosa, talmente appagante, che ora abbiamo voglia soltanto voglia di andare senza fermarci.
Le biciclette su cui pedaliamo sono delle 3T Exploro RaceMax ed è pazzesco come la sensazione di scorrimento e di fluidità, l’esperienza dell’avanzare sulle strade bianche, sia così sovrapponibile alla sensazione di pedalare sull’asfalto. Per questo tipo di biciclette la differenza tra strada e sterrato è quasi inesistente, è un piacere starci sopra. L’energia richiesta per l’avanzamento è minima, la stessa richiesta alle specialissime da corsa, e così non c’è che concentrarsi sui propri pensieri e sul panorama, e godere. In certi tratti procediamo affiancati chiacchierando tra noi, nel silenzio della campagna. Matteo e Andrea fanno il lavoro di bike-guide da cinque anni e mi raccontano con entusiasmo della loro scelta di vivere con, e per il ciclismo. Matteo è un ingegnere che per la passione per la bici ha rivoluzionato il suo stile di vita. In altri tratti procediamo in fila cercando di darci qualche cambio in testa e di andare veloce, di sfruttare la scia, ammirando le colline intorno a noi sempre più brulle e tondeggianti. Sulle strade il traffico è praticamente assente.
Prima del buio arriviamo al nostro primo posto tappa, la Cascina Cabianca e riusciamo a goderci un aperitivo all’aperto. Il paesaggio è cambiato e la città di Siena con il suo profilo rinascimentale e le sue torri, è proprio davanti a noi. Siamo piuttosto stanchi e anche un po’ bagnati ma il clima è talmente bello, in questo vecchio casale ristrutturato, che restiamo in giardino a chiacchierare fino a quando è sera inoltrata. È bellissimo non sentire il bisogno di cambiarsi i vestiti dopo una giornata in bicicletta, riuscire a non separare il momento dello sport da quello del riposo. In fondo la sensazione di libertà non dipende esattamente dalla possibilità di sentirsi perfettamente a proprio agio nei propri panni?
Il secondo e il terzo giorno scorrono veloci: colazione, preparazione, in bicicletta fino a sera, cena, dormire. Ripetere. C’è una certa magia nel ripetere, qualcosa di ipnotico e benefico per i pensieri e per l’anima. La preparazione, ad esempio: dopo lo stress del primo giorno riempire le borse che ci portiamo appresso (alcuni bagagli viaggiano più comodamente in furgone e ci aspettano al finale di tappa) è diventato misteriosamente più semplice. Una sorta di esercizio di meditazione zen. Tutto sembra trovare magicamente un proprio posto nelle borse da bici o nelle tasche posteriori della maglia.
Le nostre esigenze sono ridotte al minimo: stare caldi, non sudare, bere, mangiare, essere indipendenti con un kit per le riparazioni veloci appresso e poi nient’altro. Nel mezzo delle Crete Senesi, pedalando su strade bianche che ti danno l’impressione di galleggiare nel cielo, il ciclismo che pratichiamo è qualcosa che ha a che vedere con l’esplorazione e con l’avventura; con la possibilità di scoprire nuovi punti di vista sulla realtà quotidiana. Mi sembra di essere in viaggio da settimane. Non so bene come spiegarmelo: probabilmente quando il cuore batte quietamente in Z1, al ritmo dell’endurance, i pensieri si riordinano.
Facciamo tappa a Proceno, uno dei borghi della Tuscia che sono veri e propri gioielli architettonici. Soggiorniamo nella residenza storica della signora Cecilia che si prende cura di noi nella sua locanda. Il castello in cui ci ospita appartiene alla sua famiglia dal 1646 e al mattino prima di ripartire, ce lo fa visitare. La casa-torre fortificata che ora contiene al suo interno un museo ha una storia lunga mille anni. La Via Francigena tra Canterbury a Roma, è un percorso che milioni di pellegrini hanno percorso per secoli in nome della cristianità.
TUSCIA - Riprendiamo verso sud e costeggiando il lago di Bolsena entriamo nel cuore della Tuscia, qui le strade si sono fatte più nervose e il terreno più mosso. Il clima è migliorato, ora possiamo pedalare comodamente in maglietta e pantaloncini, e il sole tiepido ci scalda. Passiamo la città di Viterbo resistendo alla tentazione di fare un bagno nelle sue terme a cielo aperto, nel caso vi capitasse di ripetere quest’avventura prevedete del tempo per restare lì qualche ora. Sembra impossibile perfino a me che sono italiano, nel cuore dell’Italia, riuscire a imbattermi in ogni angolo in borghi così ben tenuti e in luoghi così straordinari.
L’ultimo giorno di viaggio dal Borgo di Sutri abbiamo una novantina di chilometri da percorrere per arrivare a Roma e i saliscendi comunque, non mancano. Il mattino presto come al solito carichiamo le bici e partiamo entusiasti dell’idea di raggiungere la nostra meta finale. Tutte le strade portano a Roma, dice un antico proverbio italiano. I pellegrini sulla Francigena si fanno più frequenti e il paesaggio è decisamente cambiato, diventando più mediterraneo. Anche l’accento locale, è cambiato. Il traffico sulle strade è più intenso e nervoso. A Campagnano, alle porte di Roma, saliamo quella che è probabilmente la salita più dura dell’intero viaggio, da lì in avanti sarà una lunga cavalcata sui colli leggermente a calare. Alcuni tratti di strada sono in basolato, la pavimentazione stradale in pietra usata dagli antichi romani per le vie di comunicazione che già duemila anni fa consentivano di andare ovunque nell’impero. Alle porte di Roma, prima di imboccare una ciclabile che ci porterà fino in centro e a Piazza S.Pietro, ci fermiamo in un bar per uno spuntino dove incontriamo un altro ciclista al rientro da un allenamento in pausa pranzo. Chiacchieriamo con lui che ci chiede del nostro viaggio e delle nostre bici che sporche di terra e fango, cariche come sono, suggeriscono l’idea che arriviamo da lontano. Firenze viaggiando in bici è lontana, in effetti. Dopo averlo salutato, al momento di saldare il conto alla cassa scopriamo che senza dire niente ha lasciato un caffè pagato per tutti noi. L’Italia e gli italiani, sono questa roba qui.
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Venti chilometri di ciclabile e siamo a Roma. Man mano che ci avviciniamo al centro città avvertiamo i suoni e il nervosismo del traffico aumentare ma la ciclabile, scorrevole e ben protetta, ci fa arrivare a rapidamente a destinazione. Gli ultimi tre chilometri prima di riemergere dal Lungotevere, sono strepitosi. Per capire cosa intendo esattamente, se non lo avete mai visto, andatevi a vedere la scena finale di “La Grande Bellezza”, il film di Paolo Sorrentino premiato con l’Oscar: gli antichi ponti che attraversano il Tevere si susseguono uno dopo l’altro come in un sogno ad occhi aperti fino a Castel S.Angelo, dove risaliamo dall’argine del fiume fino in strada.
Poche centinaia di metri ancora e siamo in Piazza S.Pietro, è qui che terminano tutti i viaggi che portano a Roma. È il momento delle strette di mano, delle pacche sulle spalle e delle foto ricordo. Il nostro viaggio, veramente, finirà su una terrazza di un hotel vicino a Trinità dei Monti da cui potremo godere di un panorama ineguagliabile sulla città, andremo a berci una birra insieme ai nostri amici che sono venuti in furgone a riprenderci. Prima però, io ho ancora una cosa da fare.
Mi allontano dal gruppo per entrare nella piazza, che è immensa. Mi dirigo verso il colonnato di destra, ricordo abbastanza esattamente la zona. Estraggo lo smartphone di tasca e do un’occhiata alle fotografie che ho salvato, in modo da individuare il punto esatto in cui quaranta anni fa sono state scattate le fotografie con mio padre, quelle che tengo sullo screensaver. Riconosco il luogo esatto. Nella fotografia ci sono io, in piedi davanti alla bicicletta carica della tenda e dei bagagli, e poi c’è mio padre, appoggiato a una colonna con la bicicletta vicina. È in una posa stranissima. Sistemo la Exploro e mi siedo nella sua stessa identica posizione e poi sto lì un po’, cercando di non commuovermi. Poi chiedo a uno che passa di lì di scattarmi una fotografia, perfavore. Io e mio papà diventiamo una cosa sola. Sono esattamente al punto di partenza della mia passione per il ciclismo e per l’avventura. Torno dagli altri che mi stavano aspettando e che mi chiedono dove ero finito. “A scattare una foto”- dico. Poi ce ne andiamo verso il bar.
Grazie a Andrea e Matteo, i nostri compagni di viaggio lungo la via francigena tra Firenze e Roma / rollingdreamers.com
La bici usata: 3T Exploro RaceMax Race Force AXS 2x
By Peter Stuart
C’erano una volta le biciclette da strada, mountain bike e ciclocross. A quell’epoca, l’idea di una bici gravel-aero come la 3T Exploro sarebbe sembrata piuttosto bizzarra. Su un percorso di più giorni e terreno misto come questo, combinando asfalto, gravel e sterrati tecnici, potremmo chiederci come abbiamo fatto a fare a meno della 3T Exploro RaceMax.
La RaceMax può montare pneumatici ultra larghi da 61 mm su cerchi 650b, quel che serve per andare tranquilli anche sui singletrack più difficili. Allo stesso tempo condivide molto della geometria e del design di una bici da strada aero e durante i tratti su asfalto e sulle strade bianche nei dintorni di Siena, l’eccitazione era letteralmente alle stelle.
La bici di Emilio era dotata di pneumatici da 40 mm, che hanno offerto un equilibrio ideale per questo tipo di viaggio, dove pneumatici più larghi avrebbero aggiunto peso e resistenza al rotolamento, mentre quelli più stretti sarebbero stati un po’ al limite nei tratti più tecnici. Il set di ruote 3T Discus 45 si abbina bene a questo telaio, garantendo robustezza, poco peso complessivo per la salita e un alto profilo in carbonio ideale quando la strada è scorrevole. Il gruppo era il wireless Force AXS 2x di SRAM che, con corone da 46 e 33 denti abbinate a una cassetta a 12 velocità da 10-36 denti, offriva la combinazionet ideale per ogni pendenza e velocità immaginabile.