Nel numero 14 di Rouleur Italia abbiamo intervistato atleti e atlete, ascoltato il loro punto di vista sulle corse, sull’allenamento, sulla vita da corridore, sulle aspettative e sugli interessi extra-ciclismo, insomma ci siamo chiesti cosa è a rendere questi giovani campioni così diversi da quelli del passato. Cosa ci riserva il ciclismo per il futuro? Nessuno può dirlo con esattezza, ma noi abbiamo indagato con curiosità ed entusiasmo.
Noi appassionati abbiamo vissuto una prima metà di stagione straordinaria, con corridori in grado di fare cose straordinarie e di sovvertire tutte le convinzioni sul ciclismo che avevamo fino a qualche anno fa. Che tipo di corridore è esattamente, Tadej Pogačar? E Remco Evenepoel? Da che pianeta vengono?
L’idea di futuro del ciclismo che ci ha accompagnati sin qui aveva a che fare con atleti capaci in genere di eccellere in una quantità ristretta di ambiti e di corse: atleti da grandi giri, o da classiche, oppure da brevi corse a tappe; oppure scalatori, sprinter, passisti o specialisti delle corse a cronometro. Oggi per colpa di atleti come Tadej Pogačar, Mathieu van der Poel, Wout Van Aert, Tom Pidcock, Primož Roglič, Filippo Ganna, Remco Evenepoel soltanto per citarne alcuni, questa idea di futuro del ciclismo è entrata in crisi.
Forse le corse ciclistiche e i grandi campioni degli anni a venire e saranno qualcosa di totalmente diverso rispetto a quello che abbiamo conosciuto sin qui. A fare la differenza rispetto al passato sembrano essere la consapevolezza nei propri mezzi e la capacità degli atleti, sin dagli inizi della carriera professionistica, di tenere insieme l’aspetto della preparazione fisica e dell’allenamento, con gli aspetti psicologici. Corpo e mente insieme, in armonia. L’era degli atleti-robot sembra essere terminata. Il futuro a quanto pare ha a che fare soprattutto con l’equilibrio di corpo e mente.
Buona lettura.