La grande saga della stagione, il cosiddetto "divorzio amichevole", ha raggiunto il suo epilogo: Tom Pidcock ha lasciato gli Ineos Grenadiers, con tre anni di anticipo rispetto alla scadenza del suo lungo contratto. Il britannico sembra destinato a firmare con la ProTeam Q36.5, una squadra di livello inferiore sia in termini di divisione che di budget (pur essendo, come Ineos, sostenuta da un ambizioso miliardario). Il suo nuovo calendario su strada prevederà principalmente gare di secondo livello, con qualche apparizione come wildcard nel WorldTour.
Questo cambiamento rappresenta una svolta significativa per tutte le parti coinvolte: la Ineos, ormai lontana dal suo passato dominante, perde un punto di riferimento cruciale proprio nel mezzo di una fase di ricostruzione; la Q36.5, erede del defunto team Qhubeka, si assicura uno dei talenti più straordinari e riconoscibili del ciclismo, puntando a ritagliarsi un posto di rilievo ai vertici; e infine Tom Pidcock, libero di seguire la sua strada come desiderava, affronta a soli 25 anni una sorta di "crisi di metà carriera", riflettendo sulla direzione da dare al suo futuro sportivo. Fin dalla giovane età, Pidcock ha dimostrato un talento straordinario e poliedrico. Le sue vittorie in ambito mondiale, europeo e nazionale nel ciclocross, nella mountain bike, nelle cronometro, nelle gare di un giorno e nei criterium sono culminate in numerosi titoli mondiali e olimpici d’élite nel ciclocross e nella mountain bike, oltre a un trionfo di tappa al Tour de France e alla prestigiosa Strade Bianche.
Da sempre orientato verso una carriera multidisciplinare, che spazia tra strada, ciclocross e mountain bike, Pidcock non ha mai nascosto il suo amore per quest’ultima disciplina. Ineos e il suo partner Pinarello hanno pienamente supportato questa visione, investendo in un atleta capace di eccellere su molteplici terreni. Dal punto di vista del marketing, era una scelta vincente: i successi di Pidcock potevano trainare le vendite di biciclette da strada, ciclocross e MTB, rendendolo una risorsa preziosa per il team.
Ma Pidcock, originario dello Yorkshire, sa bene che, per un corridore con il suo straordinario repertorio, c'è una sola corsa ciclistica in grado di trasformare i grandi campioni in leggende: il Tour de France. Ne ha già avuto un assaggio nel 2022, conquistando la vittoria sull'iconica Alpe d'Huez, e dispone presumibilmente dei numeri di potenza e degli altri parametri necessari per ambire alla maglia gialla. Tuttavia, le sue ultime due partecipazioni al Tour sono state segnate da difficoltà interne e insoddisfazione. Al recente Rouleur Live, ha ammesso con schiettezza: “Negli ultimi due anni, ad essere sincero, non mi sono divertito molto.”
Questa situazione lo porta al bivio in cui si trova oggi: Pidcock ha orchestrato il suo distacco da Ineos, ma per inseguire esattamente cosa? Il suo ingresso in Q36.5 sembra implicare una rinuncia volontaria ai tre Grandi Giri. Dalla sua fondazione nel 2023, infatti, la squadra svizzera non ha preso parte al Tour, al Giro d’Italia né alla Vuelta a España, e appare lontana sia dall’ottenere la promozione al WorldTour sia dall’assicurarsi wildcard automatiche per i Grandi Giri nel ciclo 2026-2028.
Il team guidato da Doug Ryder ha comunque partecipato a molte delle più importanti corse a tappe di una settimana, come il Il Giro del Delfinato. Tuttavia, il previsto passaggio di Pidcock alla Q36.5 segna chiaramente un cambiamento di obiettivi: non più la caccia alla classifica generale, ma una maggiore attenzione alle corse di un giorno. La Q36.5 è infatti regolarmente invitata alle principali classiche di primavera, come Strade Bianche, Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix, oltre a concentrarsi su altre discipline.
Questo cambio di prospettiva è stato confermato anche dal comunicato ufficiale di Ineos che annunciava la sua partenza, sottolineando come “Tom abbia grandi obiettivi multidisciplinari e crediamo che questa decisione consenta a entrambe le parti di perseguire le nostre ambizioni future con chiarezza, scopo e determinazione”.
Considerando l'ostacolo insormontabile rappresentato da Tadej Pogačar al Tour de France, sia per lui che per chiunque altro, è davvero un male concentrarsi su altro? Pidcock, che si trova all’inizio di quelli che dovrebbero essere gli anni migliori della sua carriera, ha l’opportunità di costruire una dinastia unica, paragonabile a quella della sua ex compagna di squadra multidisciplinare in Ineos, Pauline Ferrand-Prévot. Dopotutto, è forse più significativo vincere prestigiose corse di un giorno e dominare nella mountain bike, nel ciclocross e magari anche nel gravel, piuttosto che sacrificarsi a una vita da monaco per finire sesto alla Vuelta a España, un risultato che ben pochi ricorderanno.
Così facendo, Pidcock può plasmare un’eredità unica, più varia e soddisfacente, lontana dai riflettori del Tour de France. Questa scelta non solo gli permette di perseguire un percorso più ricco, ma potrebbe anche contribuire all’ascesa della Q36.5 verso il WorldTour. Se il team riuscirà a ottenere la promozione entro i prossimi anni, Pidcock, a 29 anni, potrebbe ritrovarsi in una delle 18 squadre WorldTour, con l’accesso garantito a Giro, Tour e Vuelta. A quel punto, con un palmarès di successi diversificati, potrebbe sentirsi pronto a lanciarsi nella sfida per la classifica generale di un Grande Giro.
Ambizioso, schietto e carismatico, Pidcock non ha paura di seguire il proprio percorso. Sebbene figure come Geraint Thomas abbiano espresso perplessità sul suo entourage, è innegabile che Tom sia un uomo indipendente, con idee chiare su ciò che vuole e non vuole. Lasciare la Ineos, l’unica squadra britannica nel WorldTour, per unirsi a un team svizzero di seconda fascia può sembrare una mossa audace, ma rispecchia la sua determinazione a scegliere la felicità e la realizzazione personale piuttosto che conformarsi alle aspettative altrui.
Pidcock non cerca di diventare l’erede di Tadej Pogačar o il prossimo Peter Sagan, come veniva etichettato da adolescente. Vuole essere semplicemente Tom Pidcock: un vincitore seriale su strada, in mountain bike e nel ciclocross. E questa scelta, coraggiosa e ispirata, merita ammirazione.