Tour de France 2023 | CHI C’É, C’É

Tour de France 2023 | CHI C’É, C’É


C’è stata un’epoca in cui il martedì mattina al Tour de France, nella tappa seguente al giorno di riposo, era una giornata tranquilla. Parigi è ancora lontana e le montagne del Massiccio Centrale non sono quelle dei Pirenei, e nemmeno le Alpi. Dunque, perché soffrire? Nei Tour degli anni ’90, quando era Indurain a tenere in pugno la corsa, giornate come quelle di ieri non si vedevano. Soprattutto Indurain il martedì mattina presto, a metà del Tour, non si è mai ritrovato davanti in fuga.  

Ora è tutto cambiato. Il ciclismo moderno e il modo di correre, sono cambiati. Gli atleti arrivano al via che sono già caldi, pronti a sostenere da subito il massimo sforzo. Se un tempo la fase di “riscaldamento” non erano altro che un po’ di chilometri di gara a ritmo blando prima di dare collettivamente fuoco alle polveri, oggi i corridori portano a regime il motore e si preparano alla partenza pedalando sui rulli fuori dai bus. Non importa se ci sono più di 30°C nell’aria, quando i corridori arrivano al via possono subito sostenere il massimo sforzo, il loro cuore può salire di frequenza immediatamente, pulsando a ritmi altissimi. Le gambe invece, quelle, fanno sempre più fatica a prendere i giri e bruciano. Se si parte forte, le gambe e i polmoni fanno male.

Se in gruppo ci si fa prendere dal panico poi, uno starnuto di Tadej Pogačar può rapidamente trasformarsi in un uragano nelle retrovie. “C’è stato subito un po’ di caos, sin dall’inizio”, ha raccontato Jonas Vingegaard al traguardo mentre si defaticava pedalando nuovamente sui rulli. “Non ho capito bene cosa è successo: Pogačar, Yates e Majka hanno fatto un’accelerata all’inizio e in molti dietro si sono staccati, ci hanno detto alla radio. Noi non potevamo fare altro che continuare a andare”.

Il Col de la Moreno affrontato subito dopo la partenza, una salita apparentemente innocua di meno di 5 chilometri al 4,9%, ha creato il panico. Idem per il Col del Guéry, la seconda salita in programma di 7,9km e con pendenze simili dove si sono sommate le contingenze di chi doveva raccogliere punti per la maglia a pois, chi voleva andarsene in fuga e chi pedala talmente forte che non si rende conto che gli altri, dietro, faticano a restare attaccati.  

Se corridori capaci di pedalare a 7 watt/kg come Pogačar o Vingegaard premono un po’ di più sui pedali e staccano corridori del calibro di Romain Bardet o David Gaudu ritrovandosi in fuga, quella che ne segue non può che essere una reazione a catena. Per avere un’ idea di quanto si è andato forte ieri, basta sapere che in una giornata con 5 salite, 3000 metri di dislivello positivo e una lunghezza totale di 167km, la media finale è risultata di 43,1 km/h. Mostruoso.

A vincere, dopo che una fuga inizialmente di 22 corridori si è disintegrata e ricomposta varie volte lungo la strada in una serie continua di capovolgimenti di fronte, è stato alla fine lo spagnolo Pello Bilbao della Bahrain-Victorious, che ora dopo aver sorpassato in classifica generale anche i gemelli Yates è quinto con 4’33” di distacco dalla maglia gialla. Uno dei motivi del caos e della velocità altissima della tappa ieri, era anche la sua presenza nella fuga, non esattamente rassicurante con una classifica per le prime dieci posizioni ancora tutta da definire. “Oggi non ho mai pensato alla classifica generale”, ha detto Bilbao visibilmente emozionato nelle interviste del dopo gara. “Volevo vincere per dedicare la vittoria a Gino Mäder, era il mio obiettivo per questo Tour”. Bello che ci sia riuscito.

“Oggi è stata una tappa feroce, non me l’aspettavo così. Siamo andati full gas per tutto il tempo, non c’è stato un attimo di respiro. Io non sapevo niente di quelli dietro”, ha spiegato Tadej Pogačar. “Non ho molta esperienza ma queste tappe intermedie me le aspettavo più comode. Abbiamo iniziato ad andare forte sin da subito e quando sei in ballo, devi ballare”. In questo Tour de France i due più forti pedalano e si controllano a vista, andandosi dietro l’un l’altro scortati dai compagni di squadra. Per quanto riguarda tutti gli altri, chi c’è c’è - è diventato questo il mantra della corsa.  

Giornate facili al Tour de France, non se ne vedono più.

 


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