Nella pittoresca città di Huy, annidata in una ripida valle lungo il fiume Mosa, nel profondo delle Ardenne belghe, c'è una stradina chiamata Chemin des Chapelles. È così chiamato per le sei piccole cappelle che punteggiano la sua tortuosa salita a partire dalla città. Questo chilometro di asfalto vertiginoso di cui stiamo per parlare è più comunemente noto come Mur de Huy. La parola Mur, come è facile intendere, sta per “muro”. Ogni anno ad aprile, per il tempo di un giorno, la strada diventa teatro. La recita messa in scena è il racconto del ciclismo nella sua espressione più pura.
In qualsiasi altro giorno dell’anno invece, l'unico segno tangibile del significato ciclistico di questa strada è la parola Huy, dipinta sull'asfalto ogni 20 metri circa. Questa di scrivere Huy a terra è stata sia un'ammirevole iniziativa civica che ha lo scopo di valorizzare il territorio, sia un'assistenza psicologica ai poveri ciclisti malcapitati che sulle orme dei campioni dovessero eventualmente tentare di salire il Mur alla massima velocità. Da in piedi sui pedali leggere il nome della strada sotto alle proprie ruote che girano lentamente e associarlo al dolore alle gambe dovrebbe essere - almeno nelle intenzioni - un grande sollievo.
In attesa dell'edizione italiana, leggi l'articolo in lingua inglese:
rouleur.cc/blogs/the-rouleur-journal/mur-de-huy-theatre-of-pain
Originariamente pubblicato su Rouleur 60, in vendita sul sito.
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